Act of Union

All’inizio del 1700 l’Irlanda era un paese cattolico che però era governato da un parlamento protestante e pertanto i politici irlandesi tentarono di organizzarsi per limitare i divieti e le restrizioni sancite dalle “Penal Laws” approvate dal parlamento britannico nel 1695.

Per tutto il XVIII secolo la classe dirigente irlandese organizzò delle rivolte popolari per chiedere l’indipendenza del proprio parlamento e questo spaventava molto il governo centrale di Londra, tanto che nel 1800 fu promulgato l’ “Act of union” con cui si affermava che il parlamento britannico doveva legiferare anche per l’Irlanda: nasceva così il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.

Il governo dell'Irlanda era affidato al Lord Luogotenente d'Irlanda, nominato dal sovrano e al Segretario Capo per l'Irlanda – “Chief Secretary for Ireland” - nominato direttamente dal Primo Ministro britannico.
L’ “Act of union” avrebbe dovuto unire ancora di più i due paesi e integrare le diverse culture, ma in realtà i cattolici continuavano ad essere discriminati ed esclusi da qualsiasi carica pubblica e le posizioni di prestigio e controllo rimanevano esclusive dei protestanti.

Inoltre, la spinta indipendentistica degli irlandesi era sempre molto forte e le rivolte continuarono incrinando ulteriormente i rapporti.
Nel 1823, la causa dell’emancipazione cattolica fu promossa e portata avanti dall’avvocato irlandese Daniel O'Connell, nazionalista e cattolico convinto, che si batté in prima persona per l’abolizione dell’ “Act of union”. Egli fondò la “Repeal Association” che promuoveva l’uguaglianza politica tra cattolici e protestanti, una riforma agraria che aiutasse i contadini irlandesi e provvedesse a distribuire miglio i terreni abbassandone i canoni d’affitto, il re-insediamento del parlamento irlandese e l’affermazione del diritto di voto e di candidarsi per i cattolici.

Nel 1829 egli riuscì a farsi eleggere presso la Camera dei Comuni con un plebiscito popolare e quindi il governo britannico fu costretto ad accettare l’accesso dei deputati cattolici in parlamento con la legge definita “Catholic Emancipation Act”.
Ai suoi comizi e alle adunate di protesta, O'Connell riuniva masse enormi di persone e furono infatti detti “Monster meetings” e questo preoccupava molto il governo inglese, tanto che a partire dal 1843 i raduni furono vietati.

Nel 1845 l'Irlanda fu colpita da una grave carestia, passata alla con il nome di “Great Famine” (“An Gorta Mór” in lingua gaelica). I contadini irlandesi, quasi tutti cattolici, non erano proprietari della terre che coltivavano ma pagavano un affitto ai proprietari inglesi e pertanto erano costretti a vendere quasi tutto il raccolto per pagare gli alti canoni d’affitto.

Le patate erano la loro fonte di sostentamento e pertanto, quando i raccolti furono colpiti dalla peronospora, essi si trovarono nella miseri più totale: milioni di persone morirono, mentre un'altra grandissima fetta partì dall’Irlanda verso il Canada, gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Scozia e, in misura ridotta, verso l'Australia dando vita a una delle più ingenti emigrazioni della storia. Purtroppo però gli emigranti partivano per il lungo viaggio nell’Oceano a bordo di imbarcazioni non adatte che, anche a causa dell’eccessivo peso, affondavano durante il tragitto. In qualche decennio la popolazione irlandese passò da circa otto milioni di persone ad appena quattro milioni.

La “Great Famine” ebbe due conseguenza principali: la decimazione della popolazione e l’inasprimento dei rapporti tra Irlanda e Gran Bretagna. È opinione comune, infatti, affermare che la carestia poteva essere arginata e addirittura evitata dal governo britannico che invece ignorò la questione.
Inoltre, la carestia colpì soprattutto la campagna irlandese dove la popolazione parlava quasi esclusivamente gaelico e pertanto la comunicazione fu resa ancora più difficile. Nell’arco di una generazione la lingua gaelica fu abbandonata a favore di quella inglese.